BUON SENSO IS THE NEW BLACK – Progettare l’esperienza dell’utente, con cura

Talvolta ho la sensazione di compiere uno sforzo immane per fare delle cose piuttosto semplici.

Per esempio quest’estate dovevo prendere un volo per Sofia da Roma e sono salita sul treno che da Ostiense porta a Fiumicino con un gran sorriso stampato in faccia. 

Arrivo in stazione, compro il biglietto, raggiungo il ventunesimo binario e mi rilasso, devo solo obliterare! Mi giro e mi rigiro, niente, nessuna obliteratrice nei paraggi! Chiedo e… tadaaa! Accidenti! Mi dicono che la macchinetta più vicina si trova prima del binario, nella galleria sotto la piattaforma. Improvvisamente sono in ritardo. Il treno sta arrivando. Scrivo a penna sul biglietto la stazione e l’orario e salgo.

Da ottimista penso sia tutto ok, dopo qualche minuto avvisto il capotreno e gli mostro fiduciosa il mio biglietto autografato. E qui ritorno coi piedi per terra. Dice che le macchinette in quella stazione ci sono e quindi deve multarmi. Quando gli faccio notare che non è molto intuitivo il loro posizionamento mi risponde che che non può fare favoritismi rispetto alle altre cinque persone che ha già multato per lo stesso motivo.

Avrei dovuto rispondere che se fosse stato così intuitivo non avremmo sbagliato in cinque, ma spesso le risposte buone mi vengono in mente troppo tardi.

Insomma, chi ha progettato la stazione avrà pur fatto un ottimo lavoro, poi si è perso in un bicchier d’acqua non mettendosi nei panni dei viaggiatori. Io ho cercato di far valere le mie capacità di problem solving, ma il controllore è sembrato non apprezzarle particolarmente. 

Oltre al problema in sé, ce n’è un secondo: il fatto che chi potrebbe risolverlo, o alleviarlo, non ha intenzione di investirci un secondo del proprio tempo.

Infatti chi mi ha venduto il biglietto sapeva che probabilmente mi sarei trovata come tanti altri in quella situazione e non ha aggiunto un elegante “Signorì, timbri nel tunnelle che sù nun c’hanno messo le machinette” e non ha appiccicato un A4 con scritto a penna “Aò timbra prima”. Insomma, nessuno ha fatto uno sforzo, anche piccolo, per evitare agli altri una difficoltà.

Siamo abituati ad una costante mancanza di armonia tra “cosa” va fatto e “come” farlo.

E’ un po’ come spingere un carrello della spesa sui sampietrini… si arriva vivi ma stremati, che senso ha fare tutta questa fatica?

Perché ci si ferma sempre un pochino prima di un risultato pienamente soddisfacente? Penso che sia perchè chi progetta (qualsiasi cosa) raramente si mette nei panni di chi quella cosa dovrà usarla.

Spesso mi trovo a progettare gli impianti elettrici, sono disegni tecnici, è vero, ma non è che distribuisco a caso simboli di prese sulla pianta… mi immedesimo nel mio cliente, immagino di tirar fuori le chiavi dalla borsa con la mano destra mentre con la sinistra tengo le buste della spesa, e così decido dove vorrei trovarmi l’interruttore per accendere la luce appena entrata. E questo va fatto per ogni stanza, altrimenti ci si trova a dover attaccare la spina del frullatore oltre la macchina del gas, coi cavi elettrici vicinissimo ai fuochi perché nessuno (architetto, ditta ed elettricista) ha progettato l’esperienza dell’utente. E vi assicuro che succede. 

Vi faccio un altro esempio, le donne soprattutto potranno capirmi: prendiamo i bagni di ristoranti e bar (escludiamo quelli da ASL e partiamo da quelli cha hanno almeno una serratura una chiave e un rotolo di carta, a salire): avete notato che non c’è quasi mai un gancio dove appendere la giacca o la borsa? Quanto costa mettere un gancio? Tre euro e cinque minuti di tempo? E quanto costa non metterlo? Economicamente nulla, a livello di percezione dell’esperienza moltissimo. 

E’ un po’ una coccola, come quando ti portano il cioccolatino con il conto a fine cena, quanto costa? Quasi nulla, ma ne sarai piacevolmente colpito, tornerai volentieri.

Progettare l’esperienza dell’utente è una cosa fighissima, ma richiede consapevolezza, sforzo e tempo. Questo scarto tra mediocrità ed eccellenza si può colmare col buon senso. E con la capacità di mettersi nei panni degli altri.

E a te sembra mai di spingere un carrello sui sampietrini?



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6 pensieri riguardo “BUON SENSO IS THE NEW BLACK – Progettare l’esperienza dell’utente, con cura

  1. Condivido in pieno, mi hai fatto venire in mente un libro bellissimo, La caffettiera del masochista, Il design degli oggetti quotidiani, di Norman. Da quando l’ho letto anni fa, analizzo sempre oggetti e strutture con occhio critico e spesso mi dico “ma chi l’ha progettato così?”.

    1. Giuro che questa volta l’acquisto, me lo hanno consigliato in tanti! Io ho adorato “Da cosa nasce cosa” e ce l’ho ancora nella mia libreria, tra i pochi conservati. Tendo a regalarli una volta letti, mi dispiace se ne stiano anni chiusi senza essere letti!

  2. Bellissimo articolo Chiara! Non sai quante volte ho cercato il maledetto appendino in un bagno…

    1. Ricordo una volta in particolare, era inverno, ero in comune a Monza per una pratica edilizia. Entrare nel bagno minuscolo con cappotto, portatile, borsa…un’impresa titanica! Quando sono uscita avevo un diavolo per capello, nel lavarmi le mani ho iniziato ad inveire contro quelli che progettano senza pensare…accanto a me c’era il responsabile dell’ufficio che aveva curato la ristrutturazione dei bagni. Per fortuna l’ha presa bene, ha detto che avrebbe provveduto all’appendino…ma non ho avuto occasione di tornare a controllare!

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